Vi giro liniziativa promossa da una aspirante scrittrice come me, che è anche un'appassionata lettrice. Con questa iniziativa sollecita una maggire attenzione verso le case editrici per questo genere, e io sono bel lieta di rendermi promotrice nel mio piccolissimo, di questa idea.
Dal blog di Weirde:
TUTTE NOI LETTRICI DI URBAN FANTASY, IN UN GIORNO DA NOI CONCORDATO, MANDEREMO UNA MAIL CON LO STESSO TESTO MA FIRME DIVERSE A DIVERSE CASE EDITRICI. LA INVIEREMO TUTTE LO STESSO GIORNO IN MODO DA SOMMERGERE LE LORO CASELLE DI POSTA ELETTRONICA PER QUEL GIORNO E COSì COGLIERE LA LORO ATTENZIONE.
ABBIAMO DECISO CHE IL GIORNO IN CUI INVIARE L'EMAIL SARà IL 20 SETTEMBRE MATTINA (o primo pomeriggio)
e IL TESTO DELL'EMAIL SARà QUESTO:
Gentile Casa Editrice,
sono appassionata di Urban Fantasy e colgo l'occasione, con questa email, per ringraziarvi per il lavoro che fate ma vorrei anche farvi notare che a causa del grande successo della serie Twilight il mercato sembra essere invaso da storie adatte ad un pubblico adolescenziale.
Capisco che per esigenze di mercato bisogna battere il ferro finché é caldo ma il mercato comprende anche gli adulti e non esistono solo i vampiri per cui é naturale che la delusione é tanta.
Quanto ancora dovrò aspettare per poter essere accontentata? Se accettate suggerimenti potrei sottoporvi una lista di autrici o libri.
Grazie per la cortese attenzione, in attesa di Vostre notizie vi porgo distinti saluti.
FIRMA
La lista di case editrici a cui mandere l'email è:
Mondadori: infolibri@mondadori.it
Fazi: info@fazieditore.it
Fanucci: info.libri@fanucci.it
Piemme: uffstampa@edizpiemme.it
Elliot: info@elliotedizioni.it
Salani: info@salani.it
Armenia: armenia@armenia.it
Newton Compton: info@newtoncompton.com
Renoir: info@renoircomics.it
Nord: info@editricenord.it
Sperling & Kupfer: info@sperling.it
Abbiamo diciassette giorni per fare un grande passaparola e dare a più persone possibili questa notizia in modo che possano partecipare a questa iniziativa. Più saremo, più ci faremo sentire.
Link, link, link...
domenica 13 settembre 2009
mercoledì 2 settembre 2009
Un nuovo assaggio...
Eh, sì. Avevo promesso che vi avrei regalato un altro passaggio di Auld Reekie e sono di parola. Samuel è un personaggio che ha affascinato molte di voi e ho il piacere di presentarvi un altro scorcio della sua vita, nel 1846.
Una vita perisolosa, la sua, in cui può accadere che il predatore si trasformi in preda...
Kate Lobbom non avrebbe saputo dire perché aveva scelto di aiutare quel misterioso e bellissimo uomo che Will le aveva portato in casa. Forse erano stati i suoi occhi, di un azzurro profondo o forse il modo di parlare che aveva con lei, un misto di complicità e distacco, che l’aveva colpita, sin dall’inizio.
Ancora una volta, il suo istinto le aveva suggerito di aiutarlo. Non era solo grazie alla sua impulsività che era arrivata fino lì, eppure adesso le stava permettendo di prendere il sopravvento nella guida delle sue scelte. Non sarebbe più dovuto accadere.
Era pericoloso essere irrazionali.
“Giudice Elliott… che piacere. Da quanto tempo!”
Kate andò incontro all’uomo con un sorriso spumeggiante, tendendogli entrambe le mani che l’uomo prese, portandole alle labbra.
“Mia cara miss Lobbom, siete splendida come sempre.” Ted Elliott sorrise, soddisfatto.
Quella donna sapeva far sentire ogni uomo importante come un re. E il suo bordello era di classe: rassicurante, più simile a un salotto che a un postribolo; le ragazze avevano la stessa espressione pulita delle fidanzate dei suoi figli. Nulla era volgare, vistoso o pacchiano, a cominciare dall’arredamento.
“Perdonatemi se vi ho fatto aspettare. Vi è stato servito da bere?”
“Sì, grazie, dell’ottimo sherry. Voi avete sempre le cose migliori, mia cara.” Un altro sorriso. Questo era vagamente desideroso, più impaziente. Aveva una certa fregola addosso, capì Kate con una sola occhiata, forse si era alzato la mattina già con quel pensiero in testa.
“Grazie per il complimento.” La donna fece una pausa e abbassò la voce. Conosceva i gusti di Elliott, piuttosto semplici, in verità. Bionde, piccoline, con un seno largo. “Ho una ragazza nuova. E’ arrivata da poche settimane, dall’ovest, una vera perla: occhi chiari, pelle di porcellana, docile ma non passiva. Saprebbe come compiacervi. Volete che ve la faccia conoscere?”
Il magistrato si allungò placido sulla poltrona che occupava, sorseggiando lo sherry.
“E’ morbida?”
Kate inclinò il capo, con un altro sorriso. Era il suo mestiere vendere la merce e sapeva farlo bene. “Nei punti giusti. Soprattutto in quelli che voi apprezzate di più.”
Ebbe un’altra pausa. “E’ molto dolce, signor Elliott. Dolcissima, come una primizia.”
Un sospiro voluttuoso le fece capire che l’uomo era incuriosito. Gli versò dell’altro liquore.
“Permettetemi di presentarvela. Se poi non incontrerà il vostro apprezzamento, potrete sempre rivolgervi alle altre ragazze.”
Il giudice si accarezzò il mento, interessato, poi annuì. “Portatemela qui, allora.”
Kate si alzò, con un grazioso cenno del capo. “Perfetto. Sono sicura che non ve ne pentirete. Datemi solo alcuni minuti per far preparare la camera. Vi prometto che la vostra pazienza sarà ricompensata nel modo migliore.”
Giocare con le parole, con gli sguardi. Giocare con le pause, modulare la voce. Kate aveva imparato tutto questo, quando era lei a essere venduta per un pugno di banconote: erano le sue uniche armi, quelle che l’avevano portata lontano, che le avevano risparmiato la decadenza e la povertà. Ora sapeva usarle per vendere altri corpi.
“Chiama Emma, che mi raggiunga nel mio studio, subito. Dì alle cameriere di preparare la stanza viola, al terzo piano” ordinò a Oscar, risalendo per le scale.
Samuel l’attendeva a braccia conserte, immobile davanti la finestra dove l’aveva lasciato. Fuori aveva iniziato a cadere pioggia mista a nevischio. L’inverno si annunciava freddo, quell’anno.
“E’ fatta: l’ho convinto a provare una delle ragazze che sono arrivate due settimane fa. E’ una tipa sveglia, attenta: ditele cosa deve chiedere e con buona probabilità, riuscirà nel suo intento.”
“Non potrò mai sdebitarmi abbastanza con voi. Siete impagabile” ridacchiò l’uomo.
Kate inclinò le labbra in un sorriso sornione. “Oh, non è ancora finita. Suppongo vogliate udire voi stesso ciò che Emma riuscirà a tirargli fuori.”
Quella frase lo sorprese: strinse gli occhi, poi scoppiò in una risata fragorosa, che mise i brividi a Kate, brividi di freddo e di qualcosa che non riuscì a spiegarsi.
Sì, quell’uomo era davvero un mistero.
“Suppongo che l’irreprensibile magistrato non saprà di avere pubblico” considerò, avvicinandosi alla porta. La aprì e dinanzi gli occhi attoniti di Kate comparve una ragazza, con la mano chiusa a pugno ferma a mezz’aria, che spalancò gli occhi chiari per lo stupore.
Sembrava appena uscita da un collegio o da una scuola per signorine. In realtà, faceva la vita da più di un anno: aveva diciannove anni e una discreta esperienza. Piccolina, ben fatta, con un seno latteo, abbondante che il corsetto teneva rinchiuso a malapena; i capelli avevano il colore del grano ed erano lisci, legati in un’acconciatura semplice, una bocca rossa, truccata ma in modo non volgare. Indossava una veste da camera avorio, di ottima qualità. Samuel fu colpito dall’odore di pulito che proveniva da lei, sapone forse, ben diverso dai profumi pesanti che spesso le prostitute usavano. Era qualcosa di fresco, di indifeso.
“Entra pure, Emma.”
La ragazza avanzò incerta nella stanza e inclinò il capo, sbirciando l’uomo alla sua destra. Era bello. Non aveva mia visto un uomo così. Alto, ben fatto, con quegli occhi che sembravano accarezzarla e insieme stregarla. Erano di un azzurro profondo, intenso e insieme cupo.
“Siediti, mia cara” Kate le aveva indicato una poltrona, per poi sedersi dinanzi. Samuel si era avvicinato, ponendosi alle sue spalle, guardando la giovane prostituta in viso.
“Emma, cara, ho bisogno del tuo aiuto. So che sei in grado di soddisfare qualunque nostro cliente, ma in questo caso si tratta di un lavoro più complesso.”
La bocca della ragazza si arricciò, perplessa. Alzò gli occhi su Samuel e lui represse un sorriso: aveva letto nel suo sguardo timore misto a desiderio, a curiosità.
Se avesse saputo…
“Ditemi, miss Lobbom” rispose, abbassando gli occhi chiari.
“Abbiamo bisogno che tu faccia parlare un uomo. Un cliente che ti aspetta, giù. Non lo hai mai intrattenuto, quindi potrai sfruttare l’effetto della novità. Il mio… amico ti dirà cosa vuol sapere.”
Emma tornò a guardare Samuel, in attesa. Mesi di prostituzione non erano ancora riusciti a cancellare una traccia di curiosità infantile e di innocenza e adesso era quello lo sguardo con cui lo stava fissando, con quegli occhi spalancati e perplessi.
“Dovrete far parlare quell’uomo di alcuni suoi amici. Gente che viene da Londra, un notaio e un medico. Fate in modo di sapere se ha ricevuto loro notizie o se verranno di nuovo a trovarlo.”
“Come si chiamano questi due uomini?”
“Spencer Corbridge e Michael Burgess, due sue vecchie conoscenze. Fatelo parlare, in qualunque modo. Voglio sapere se torneranno di nuovo in città.”
La fissò, intensamente. Per un istante, Emma si sentì nuda dinanzi a lui, frugata nella sua psiche, nel profondo, come se quell’uomo potesse leggerle fin dentro l’anima: quegli occhi azzurri erano così insinuanti e nello stesso tempo la spaventavano, ma non riuscì a distogliere lo sguardo. In quel momento decise che avrebbe fatto qualunque cosa pur di compiacerlo.
La sue mente si svuotò, galleggiando in un oceano di tranquillità, che aveva il colore di quegli occhi così azzurri…
“Emma!” Kate la scosse. “Allora?”
“Sì” rispose lei, scuotendo la testa. “Sì. Lo farò parlare.” Poi rise, soddisfatta. “Sarete accontentato, mio signore” disse, alzandosi in piedi.
“Perfetto. Adesso scendi giù: ti aspetta.”
Una vita perisolosa, la sua, in cui può accadere che il predatore si trasformi in preda...
Kate Lobbom non avrebbe saputo dire perché aveva scelto di aiutare quel misterioso e bellissimo uomo che Will le aveva portato in casa. Forse erano stati i suoi occhi, di un azzurro profondo o forse il modo di parlare che aveva con lei, un misto di complicità e distacco, che l’aveva colpita, sin dall’inizio.
Ancora una volta, il suo istinto le aveva suggerito di aiutarlo. Non era solo grazie alla sua impulsività che era arrivata fino lì, eppure adesso le stava permettendo di prendere il sopravvento nella guida delle sue scelte. Non sarebbe più dovuto accadere.
Era pericoloso essere irrazionali.
“Giudice Elliott… che piacere. Da quanto tempo!”
Kate andò incontro all’uomo con un sorriso spumeggiante, tendendogli entrambe le mani che l’uomo prese, portandole alle labbra.
“Mia cara miss Lobbom, siete splendida come sempre.” Ted Elliott sorrise, soddisfatto.
Quella donna sapeva far sentire ogni uomo importante come un re. E il suo bordello era di classe: rassicurante, più simile a un salotto che a un postribolo; le ragazze avevano la stessa espressione pulita delle fidanzate dei suoi figli. Nulla era volgare, vistoso o pacchiano, a cominciare dall’arredamento.
“Perdonatemi se vi ho fatto aspettare. Vi è stato servito da bere?”
“Sì, grazie, dell’ottimo sherry. Voi avete sempre le cose migliori, mia cara.” Un altro sorriso. Questo era vagamente desideroso, più impaziente. Aveva una certa fregola addosso, capì Kate con una sola occhiata, forse si era alzato la mattina già con quel pensiero in testa.
“Grazie per il complimento.” La donna fece una pausa e abbassò la voce. Conosceva i gusti di Elliott, piuttosto semplici, in verità. Bionde, piccoline, con un seno largo. “Ho una ragazza nuova. E’ arrivata da poche settimane, dall’ovest, una vera perla: occhi chiari, pelle di porcellana, docile ma non passiva. Saprebbe come compiacervi. Volete che ve la faccia conoscere?”
Il magistrato si allungò placido sulla poltrona che occupava, sorseggiando lo sherry.
“E’ morbida?”
Kate inclinò il capo, con un altro sorriso. Era il suo mestiere vendere la merce e sapeva farlo bene. “Nei punti giusti. Soprattutto in quelli che voi apprezzate di più.”
Ebbe un’altra pausa. “E’ molto dolce, signor Elliott. Dolcissima, come una primizia.”
Un sospiro voluttuoso le fece capire che l’uomo era incuriosito. Gli versò dell’altro liquore.
“Permettetemi di presentarvela. Se poi non incontrerà il vostro apprezzamento, potrete sempre rivolgervi alle altre ragazze.”
Il giudice si accarezzò il mento, interessato, poi annuì. “Portatemela qui, allora.”
Kate si alzò, con un grazioso cenno del capo. “Perfetto. Sono sicura che non ve ne pentirete. Datemi solo alcuni minuti per far preparare la camera. Vi prometto che la vostra pazienza sarà ricompensata nel modo migliore.”
Giocare con le parole, con gli sguardi. Giocare con le pause, modulare la voce. Kate aveva imparato tutto questo, quando era lei a essere venduta per un pugno di banconote: erano le sue uniche armi, quelle che l’avevano portata lontano, che le avevano risparmiato la decadenza e la povertà. Ora sapeva usarle per vendere altri corpi.
“Chiama Emma, che mi raggiunga nel mio studio, subito. Dì alle cameriere di preparare la stanza viola, al terzo piano” ordinò a Oscar, risalendo per le scale.
Samuel l’attendeva a braccia conserte, immobile davanti la finestra dove l’aveva lasciato. Fuori aveva iniziato a cadere pioggia mista a nevischio. L’inverno si annunciava freddo, quell’anno.
“E’ fatta: l’ho convinto a provare una delle ragazze che sono arrivate due settimane fa. E’ una tipa sveglia, attenta: ditele cosa deve chiedere e con buona probabilità, riuscirà nel suo intento.”
“Non potrò mai sdebitarmi abbastanza con voi. Siete impagabile” ridacchiò l’uomo.
Kate inclinò le labbra in un sorriso sornione. “Oh, non è ancora finita. Suppongo vogliate udire voi stesso ciò che Emma riuscirà a tirargli fuori.”
Quella frase lo sorprese: strinse gli occhi, poi scoppiò in una risata fragorosa, che mise i brividi a Kate, brividi di freddo e di qualcosa che non riuscì a spiegarsi.
Sì, quell’uomo era davvero un mistero.
“Suppongo che l’irreprensibile magistrato non saprà di avere pubblico” considerò, avvicinandosi alla porta. La aprì e dinanzi gli occhi attoniti di Kate comparve una ragazza, con la mano chiusa a pugno ferma a mezz’aria, che spalancò gli occhi chiari per lo stupore.
Sembrava appena uscita da un collegio o da una scuola per signorine. In realtà, faceva la vita da più di un anno: aveva diciannove anni e una discreta esperienza. Piccolina, ben fatta, con un seno latteo, abbondante che il corsetto teneva rinchiuso a malapena; i capelli avevano il colore del grano ed erano lisci, legati in un’acconciatura semplice, una bocca rossa, truccata ma in modo non volgare. Indossava una veste da camera avorio, di ottima qualità. Samuel fu colpito dall’odore di pulito che proveniva da lei, sapone forse, ben diverso dai profumi pesanti che spesso le prostitute usavano. Era qualcosa di fresco, di indifeso.
“Entra pure, Emma.”
La ragazza avanzò incerta nella stanza e inclinò il capo, sbirciando l’uomo alla sua destra. Era bello. Non aveva mia visto un uomo così. Alto, ben fatto, con quegli occhi che sembravano accarezzarla e insieme stregarla. Erano di un azzurro profondo, intenso e insieme cupo.
“Siediti, mia cara” Kate le aveva indicato una poltrona, per poi sedersi dinanzi. Samuel si era avvicinato, ponendosi alle sue spalle, guardando la giovane prostituta in viso.
“Emma, cara, ho bisogno del tuo aiuto. So che sei in grado di soddisfare qualunque nostro cliente, ma in questo caso si tratta di un lavoro più complesso.”
La bocca della ragazza si arricciò, perplessa. Alzò gli occhi su Samuel e lui represse un sorriso: aveva letto nel suo sguardo timore misto a desiderio, a curiosità.
Se avesse saputo…
“Ditemi, miss Lobbom” rispose, abbassando gli occhi chiari.
“Abbiamo bisogno che tu faccia parlare un uomo. Un cliente che ti aspetta, giù. Non lo hai mai intrattenuto, quindi potrai sfruttare l’effetto della novità. Il mio… amico ti dirà cosa vuol sapere.”
Emma tornò a guardare Samuel, in attesa. Mesi di prostituzione non erano ancora riusciti a cancellare una traccia di curiosità infantile e di innocenza e adesso era quello lo sguardo con cui lo stava fissando, con quegli occhi spalancati e perplessi.
“Dovrete far parlare quell’uomo di alcuni suoi amici. Gente che viene da Londra, un notaio e un medico. Fate in modo di sapere se ha ricevuto loro notizie o se verranno di nuovo a trovarlo.”
“Come si chiamano questi due uomini?”
“Spencer Corbridge e Michael Burgess, due sue vecchie conoscenze. Fatelo parlare, in qualunque modo. Voglio sapere se torneranno di nuovo in città.”
La fissò, intensamente. Per un istante, Emma si sentì nuda dinanzi a lui, frugata nella sua psiche, nel profondo, come se quell’uomo potesse leggerle fin dentro l’anima: quegli occhi azzurri erano così insinuanti e nello stesso tempo la spaventavano, ma non riuscì a distogliere lo sguardo. In quel momento decise che avrebbe fatto qualunque cosa pur di compiacerlo.
La sue mente si svuotò, galleggiando in un oceano di tranquillità, che aveva il colore di quegli occhi così azzurri…
“Emma!” Kate la scosse. “Allora?”
“Sì” rispose lei, scuotendo la testa. “Sì. Lo farò parlare.” Poi rise, soddisfatta. “Sarete accontentato, mio signore” disse, alzandosi in piedi.
“Perfetto. Adesso scendi giù: ti aspetta.”
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