giovedì 7 luglio 2011

Dopo molto molto tempo...

Ho abbandonato questo blog. Mi scuso con chi mi seguiva, ma troppe cose sono accadute. Eventi che mi hanno lasciato addosso una quantità di amarezza tale da schiacciarmi lasciandomi avvilita per molte settimane.
Le persone ci deludono. Ci feriscono. Anche io ho ferito e deluso, ma mai con deliberata cattiveria. Altri non sono stati così gentili.
Ma tant'è, è il gioco della vita. Ho avuto tempo per riflettere ed andare avanti, ricostruire le mie difese ed aprire gli occhi: decisamente, sto meglio. Più serena, più consapevole.
Chi ha dei problemi con me, li avrà sempre. Io non gli renderò la vita più facile porgendo l'altra guancia.

Ed allora... dove eravamo rimasti?
I libri e alle nuove avventure. Riprenderò presto behind the scenes, con un'intervista che da troppo tempo aspetta di esser pubblicata. E poi parleremo ancora di libri, di lettura e di romanzi. Continuate a seguirmi su Diario di Pensieri persi: e qui, voglio ringraziare le fantastiche ragazze che lo compongono. Siete speciali, girlz!
Presto arriveranno nuove news sul mio prossimo lavoro, un romance ambientato in Scozia... e credetemi, saranno scintille!
love forever
s.

martedì 22 marzo 2011

Autori per il Giappone

Devastazione. Morte. Paura. 
E' vero che ormai la televisione ci ha abituato a visioni di queste catastrofi fin quasi a desensibilizzarci. "E' lontano, la nube radioattiva non dovrebbe arrivare qui da noi", sento di re da alcuni; "Il Giappone è un paese ricco, si riprenderà presto", dicono altri. Allora mi viene la nausea.
Parole. Sciocche, stupide parole di persone che non riflettono, nemmeno per un istante, sullo strazio che devono provare altri esseri umani nel vedere il proprio mondo fatto a pezzi senza una ragione. L'unica cosa che ti rimane è ciò che indossi perché tutto, tutto ciò che avevi ti è stato strappato: padre, madre, figli, marito o moglie, fratelli e sorelle, amici, colleghi di lavoro, vicini di casa. La tua casa non c'è più. Non ci sono più le strade, familiari e amiche in cui ti muovevi sovrappensiero. Non c'è più il panorama che conoscevi, i visi familiari, gli oggetti cari.
Nulla.
Se ci si ferma a pensare, anche solo per un attimo a ciò che può significare un terremoto durato sei minuti e uno tzunami, allora ci si fa - vagamente - l'idea di cosa debba provare un sopravvissuto. 
Non è un castigo divino, come qualche commentatore demente ha pensato: è la prova che la nostra Terra è viva e che dovremmo averne più cura, anziché disseminare fabbriche e centrali nucleari in zone sismiche ( hai capito, zio Silvio??).
Ma non sono qui per questo. Voglio invitare tutti voi miei lettori a leggere i racconti postati sul sito Autori per il Giappone, fortemente voluto da una scrittrice che stimo molto, Lara Manni. Lara ha scritto due volumi, Esbat e Sopdet (che vi consiglio), ed è una persona di grande forza e generosità: ha deciso di promuovere un sito in cui raccogliere i testi e i disegni di autori, famosi e non, al fine di raccogliere fondi attraverso Save the Children, un'organizzazione umanitaria che non ha bisogno di presentazione. Leggete ( anche il mio, se vi va) e lasciate un contributo anche piccolo, un euro o due. Ma non restate indifferenti.
Non vi faccio i nomi degli autori o degli illustratori: dovete andare sul sito, e leggerli, e commuovervi, emozionarvi, comprendere per divenire parte di questo gesto di UMANITA'. Preferisco questa parola alla più abusata solidarietà, termine sfoggiato a sproposito in ogni salotto televisivo con tanto di lacrimuccia finta. Si tratta di esseri umani come noi: dovrebbe essere un gesto spontaneo quello di tendere la mano verso chi ha bisogno di sentirsi ancora un uomo.


Se leggete questo blog, date una mano. Fatelo. Pensate a come vi sentireste se i vostri figli non avessero cibo per sfamarsi o coperte per proteggersi dal freddo. Pensate a come vivreste i giorni dopo aver perso gli oggetti che hanno segnato la vostra vita, immaginate cose significherebbe per voi vedere la vostra famiglia spazzata via da un'onda, senza poter far nulla per impedirlo.
Non chiudete il vostro cuore all'indifferenza, ma riflettete. 
Provate a immaginare anche solo per un istante cosa significherebbe per voi.


Non siate persone che cliccano e passano oltre senza donare. Senza aiutare a risollevare una, cento, mille vite.

giovedì 10 marzo 2011

Auld Reekie #8

Capitolo 8


«Buongiorno, Margareth.»
La voce quieta di Joanne risuonò nella sala da pranzo piena di una luce mattutina pigra. Entrò e chiuse la porta alle spalle della domestica, lanciando uno sguardo penetrante ai suoi fratelli.
«Finalmente sei arrivata! Quella dannata vecchia non la smetteva di ronzare qui attorno». Ester respinse il piatto di pancetta che si trovava dinanzi. «Cielo, questa roba mi nausea! Ma è proprio necessario fingere di mangiare?»
Joanne le rispose con pazienza, prendendo un piatto con delle uova dal servo muto. «Non piace a nessuno di noi, Ester, ma non abbiamo alternative. La Fratellanza è alle nostre calcagna e non possiamo permettere che la servitù inizi a sospettare qualcosa.»
Mise il piatto dinanzi a sé e rimestò il cibo con le posate; poi sollevò lo sguardo su Samuel, che leggeva il giornale.
«Che cosa pensi di fare?» domandò, a voce bassa.
Nella stanza cadde il silenzio.
Samuel le rispose senza guardarla, continuando a leggere lo Scotsman. Dinanzi a lui, un piatto di salsicce giaceva intonso, assieme ad una tazza di thè. «Sto portando a termine la cessione dell’impresa con Oliver. Le ragazze, Will e John partiranno entro questa settimana; io e te, la prossima. Annunceremo la nostra intenzione di fare un viaggio in Europa, per climi più caldi. Oliver rimarrà qui, assieme a Zach.» La scrutò, gli occhi piantati nei suoi, fissandola senza battere ciglio. «Spero per te non sia un problema.»
Joanne abbassò lo sguardo sul piatto. Per un momento ebbe voglia di urlare che sì, era un dannato problema. Ma non poteva: Samuel era il suo capo, prima ancora di essere suo fratello di sangue. Lei, Ester, Lizzie, Zach e Samuel avevano avuto lo stesso padre: lo stesso vampiro li aveva trasformati. Samuel era il più anziano tra tutti loro e aveva preso il comando quando Robert, il loro Padre, aveva cessato di esistere molti decenni prima.
Will, John, Oliver, invece, erano stati creati da Samuel. A differenza di Robert, lui aveva offerto la possibilità di scegliere: aveva dato loro la libertà di accettare o meno la via del sangue, cosa che Joanne reputava sacrosanta.
Quanto a lei, aveva un compito specifico: era la Guardiana. Le era stata affidata la tutela dei suoi fratelli;sarebbe stata lei a sostituire Samuel, nel caso in cui fosse perito.
Lui le lanciò un’occhiata obliqua; poi tornò a immergersi nella lettura. «Zach verrà stasera: sta tenendo d’occhio la casa di Dyce. Will gli darà il cambio stanotte.»
«Ha trovato qualcosa?», chiese Joanne, allontanando il piatto con un gesto secco: Ester aveva ragione, l’odore del cibo era nauseante.
«Poco: lettere di Corbridge e di Faber, nulla che già non sapessimo. Purtroppo, non vi era nessun elenco riguardo ad altri contatti qui in città.» Samuel richiuse il giornale con un gesto secco, persino nervoso. «Stanno progettando un’offensiva contro di noi. È questione di tempo.»
«Quanto pensi che sappiano?», domandò Lizzie, inquieta.
«Molto, temo. Tellman, il responsabile della Fratellanza di Londra ha una missiva di Oliver e una mia lettera indirizzata a Sirius: entrambe sono dirette a quest’indirizzo: Zach ha letto gli appunti di Dyce.»
Joanne sgranò gli occhi. «Ma… sono lettere di sessantanni fa!»
Samuel aprì le braccia, stizzito. «Già! Le hanno conservate, accidenti a loro! Appena realizzeranno il collegamento tra gli autori delle missive e noi, ci avranno scoperti. L’unica cosa da fare è anticipare la partenza.»
Joanne picchettò con le dita sul tavolo, poi annuì con energia. «Dobbiamo agire tenendo un comportamento il più possibile usuale. Per fortuna, è nuvoloso e non avremo problemi con il sole. Preleveremo delle somme di denaro per ogni esigenza. Limiteremo le uscite notturne; saremo sempre in coppia o più, mai da soli. Resteremo solo io e te; Zach rimarrà in incognito e Oliver dovrebbe essere al riparo dai sospetti, visto che è ricomparso da meno di tre anni e che non vive con noi.»
«Molto bene. Comunica queste disposizioni agli altri e…».
Samuel spalancò gli occhi, lanciando uno sguardo alla porta. Un istante dopo, qualcuno bussò e di colpo, tutti finsero di mangiare. Persino Ester arricciò il naso e accostò la tazza di the alle labbra.
«Il vostro segretario, padrone», annunciò la governante.
Will entrò, chiudendo la porta alle spalle. Il suo sorriso aveva un che di furbo e di malizioso, quella mattina. «Buongiorno signori. Sappiate che da qui a tre minuti diluvierà, quindi è il momento adatto per uscire. Sarà nuvoloso per tutto il giorno.»
«Volete una tazza di caffè, signor Munro?». Joanne aveva parlato con voce rilassata, ma con gli occhi fissi alla porta. Quell’impicciona della governante stava origliando di nuovo.
Will si voltò a fissare la porta chiusa e ridacchiò. «Sì, grazie, signora Griffin. Sapete, stanotte abbiamo fatto tardi con il signor Hates Hates.»
Passi furtivi, umani, si allontanarono lungo il corridoio. Piatti e bicchieri tornarono sul tavolo.
Ester rise: John era rientrato alle cinque del mattino, con addosso l’odore di una femmina umana. Lizzie si limitò a scuotere il capo, contrariata. «Non dovreste passare la notte in giro da soli, con tutto quello che sta succedendo», considerò la ragazza a bassa voce, tenendo gli occhi fissi sulla porta. «Potrebbero attaccarvi.»
Will prese una tazza, la riempì di caffè e si sedette a tavola. Il suo buonumore non era stato scalfito dalla tensione che si sentiva nella stanza. Si strinse nelle spalle. «I Fratelli della luce? Che possano farsi fottere all’inferno!».
Samuel alzò gli occhi. Erano glaciali.«Ci sono delle signore in questa stanza, Will. Non gradisco che tu ti esprima in questo modo.» 
Nella stanza calò un silenzio imbarazzato. Samuel si alzò in piedi e li fissò, uno a uno. «Non stiamo scherzando. Lo ripeto: la nostra salvezza dipende da quanto riusciremo a essere credibili. Stiamo rischiando tutto ciò che abbiamo, il nostro mondo può andare in pezzi da un momento all’altro e noi con lui. Sei Fratelli della Luce ci scoprono, non avremo possibilità di salvarci. Avete capito? Nessuno scampo. Moriremo tutti.»

 
Il nostro mondo è in pericolo, pensò Samuel con gli occhi fissi sul selciato sporco di fango. Tutto ciò che ho costruito, i miei figli, i miei fratelli… potrei perdere ogni cosa.
Per secoli, lui e i suoi simili si erano mescolati agli umani, vivendo con loro, prendendone le abitudini, generazione in generazione. Questo era potuto accadere perché molte delle leggende sulla loro natura erano false e gli uomini ignoravano quale fosse la loro vera essenza.
Erano corpi morti. Non respiravano: l’aria non era più necessaria, simulavano solo per mimetizzarsi meglio. Il loro fisico non aveva più le caratteristiche umane: non sentivano più fatica o dolore. Non avevano più un cuore che batteva. Non potevano neanche essere uccisi da un paletto, né urlavano dinanzi a un crocifisso o all’acqua santa.
Non potevano stare alla luce del sole, era vero, ma questo non significava che non potessero uscire di giorno. L’importante era che i raggi del sole non li colpissero direttamente, altrimenti la loro pelle si sarebbe ustionata, accartocciandosi come un mucchio di foglie secche. Il fuoco li indeboliva ma non li uccideva.
C’era solo un modo per eliminarli, e su questo il mito aveva ragione: tagliare loro la testa. Purtroppo, i Fratelli della Luce lo conoscevano bene.
Avevano bisogno di sangue umano per nutrirsi. Tuttavia, disciplina e rigore avevano dato i loro frutti e adesso il numero delle loro vittime era divenuto molto basso.
Quasi, si corresse poi, con un sorriso soddisfatto. Il ricordo della notte precedente riempì la sua bocca di un sapore dolce e caldo. Si leccò le labbra e tornò a concentrarsi sul carteggio che aveva davanti: un mucchio di ricevute che dovevano essere controllate prima di liquidare la sua impresa. Gli piaceva quel lavoro: aveva posseduto attività commerciali sin dal secolo precedente e aveva scoperto di possedere talento per gli affari. In questo lo aiutava Oliver, che si occupava della gestione degli affari legali: era un avvocato molto preparato.
E non solo: era una creatura di una freddezza e di una determinazione fuori dal comune.
Mentre Will aveva mantenuto alcuni brandelli di umanità, Oliver invece, li aveva sradicati con metodica precisione. In un tempo brevissimo, aveva ottenuto quel distacco dall’umanità che gli esseri come loro ottenevano con anni di buio, di massacri e assassinii.
Era lo scotto da pagare per la loro condizione. E tuttavia, da prezzo, si trasformava in vantaggio: niente pene, niente rimpianti, niente sofferenza. Il disprezzo di tutto ciò che era umano diventava liberatorio, aiutando a vedere la vita per ciò che è: un tempo più o meno breve, affannato,pieno di illusioni in cui non esisteva uno scopo, né sicurezze se non quella della morte.
Sapeva guardare oltre la condizione umana. Sentiva il bisogno… la fame di vita e non si tirava indietro dinanzi a niente per proteggere ciò che aveva di più prezioso: l’immortalità.
Molti esseri umani non si rendevano nemmeno conto di essere al mondo: consideravano la propria vita senza fine, mentre il tempo fluiva addosso loro, senza accorgersi di invecchiare fino a morire. Non sapevano che sarebbe bastato uno schiocco di dita del destino per spezzare quell’illusione.
Samuel, invece, lo sapeva: per primo era stato vittima di quello schioccar di dita; a sua volta, il destino si era servito di lui per porre fine a delle esistenze inutili.
Senza rimorso alcuno.


Nascosto nell’ombra di un portone, Zach osservò l’entrata del numero 17 di Albany street. Sopra di lui, un cielo grigio, basso, che sembrava dovesse dissolversi in una tempesta da lì a pochi istanti.
George Dyce aveva avuto visite: tre gentiluomini. Senza dubbio, qualcosa di strano si stava preparando: era rimasto sveglio tutta la notte, inquieto, a passeggiare nel suo studio. Zach lo aveva spiato, nascosto nel buio della sala d’ingresso, ed era scivolato via poco prima dell’alba, quando la sguattera di cucina si era alzata per accendere il fuoco. Sorvegliava quella residenza da giorni, la conosceva bene e ormai entrava ed usciva a suo piacimento.
Zach Shaw sapeva forzare le serrature, sbloccare fermi e chiavistelli; era silenzioso e leggero, un soffio di vento. Lui era la spia nel loro gruppo, ombra tra le ombre. Era colui che non esisteva.
Iniziò a piovere. Zach sentì delle gocce bagnargli il collo sotto la falda del cappello. In pochi istanti, la pioggia aumentò d’intensità, e lui capì che quello era il momento adatto per avvicinarsi alla casa per sbirciare all’interno.
Mescolandosi ai passanti che correvano per trovare riparo, si avvicinò all’abitazione di Dyce e si nascose dietro un anfratto dinanzi all’ingresso. Da lì, attraverso il velo spesso della pioggia battente, riuscì a vedere i tre uomini che parlavano con il medico. In quel momento qualcun tirò via le tende dalla finestra, forse per ottenere più luce e Zach si accorse che non erano soli: altri uomini erano nella stanza assieme a loro.
Chi accidenti erano quei due?
Con una mano sul cappello, Zach allungò il collo. Tutti gli uomini erano chini su un tavolo, coperto di carte e mappe della città. Uno di loro gesticolava, gli altri annuivano. Dyce, un po’ più distante, seguiva con lo sguardo la discussione. Aveva l’aria angosciata e scuoteva il capo.
D’improvviso, uno di loro alzò la testa di scatto e si voltò verso il padrone di casa che annuì, con energia. L’altro rise e un secondo uomo si alzò per bere un bicchiere di vino, dopo aver indicato dei punti su un foglio.
Per la prima volta dopo più di un secolo, Zach sentì un brivido. Non era eccitazione o di desiderio. Con fatica, quasi con stupore si rese conto che era un’emozione stridente, improvvisa, che lo sconvolse fino a fargli spalancare gli occhi. Perché aveva avuto paura.
Aveva riconosciuto quegli uomini, ne aveva visto i ritratti molte volte.
Michael Burgess e Spencer Corbridge.
I capi della Fratellanza della Luce.

Ta-dah!

SONO TORNATA!!! :-)

 Sì! dopo influenza, mia e dei pargoli, ristrutturazione, e trasloco... sono finalmente qui. Inutile dire che mi siete mancati tantissimo: il contatto con i miei lettori è cresciuto ed è divenuto importante nel tempo. In una parola, vi adoro! 
Un consiglio: non traslocate. MAI. E' snervante, toglie ogni capacità di concentrazione e energia.
Il lato positivo della faccenda è che finalmente ho una casa mia e presto avrò una magnifica libreria a parete per contenere il numero sempre crescente di libri (vi ho detto che avevo 46 scatoloni di solo libri miei) (senza contare quelli di marito e figli, eh!... in tutto 211 scatoloni).
Ma veniamo a noi!
Vi annuncio che presto saranno ospiti del blog Juneross e Gloria Passarin e che a breve leggerete la recensione di un paio di volumi che ho miracolosamente trovato il tempo di leggere :-). E che, se tutto va bene, se non accadrà qualche rivolgimento epocale, avrete presto un nuovo capitolo di Auld Reekie da leggere...
so, stay tuned! e perdonate la mia assenza!

lunedì 28 febbraio 2011

ASSENZA

Carissimi lettori,
è da un pò di settimane che Stefania è assente dal blog e più in generale dal web. Vi rassicuro dicendo che non è perita sotto una montagna di scatoloni ma che è solo impegnatissima con il trasloco verso una nuova dimora (non Edimburgo ahimè :D)!!
Non dovrete aspettare ancora molto comunque perchè prestissimo tornerà alla riscossa più in forma che mai (si spera!).

Vi mando un abbraccio e i più calorosi saluti (e scuse) dalla Stefy. ;D
Alessandra

martedì 15 febbraio 2011

Una lunga assenza...

... dovuta a un'influenza bastarda che mi ha tenuta a letto, a un trasloco che è ormai prossimo e all'influenza dei miei bimbi. Volevo tranquillizzare i miei lettori: non ho abbandonato il blog ma sono stata troppo presa a soffiarmi il naso e far pacchi (per la cronaca: 45 pacchi di soli libri!)! Scusate! Spero presto di potervi regalare nuove recensioni e interviste, nel frattempo... un abbraccio :-)

lunedì 31 gennaio 2011

Behind the scenes: Marco Piva di Corpi Freddi

Bentornati a Moray Place, carissimi amici! Oggi è una giornata fredda, spira un bel venticello fresco dal nord, e stare al calduccio per una buona chiacchierata su libri e autori è proprio l'ideale. Oggi è venuto a trovarci Marco Piva di Corpi freddi, un blog gestito a più mani che si occupa prevalentemente di gialli e noir. Inutile dire che sono una grande fan di questo piccolo gioiello, un blog curatissimo sia nell'estetica che nei contenuti. Se non lo conoscete, andate pure a dare un'occhiata: troverete interviste e recensioni interessantissime, schede di lettura complete in ogni dettaglio e blogger di altissimo livello. Davvero, Corpi Freddi è un vero e proprio must per coloro i quali vogliono trovare un bel giallo da leggere. La panoramica offerta è di alto livello e davvero, il lettore non farà fatica a trovare la "sfumatura di nero" più adatta a sé. 


Ciao Marco e benvenuto qui a Moray Place. Innanzi tutto parlaci un po' di te... o passiamo subito al beveraggio? Alcolici (in puro stile detective Marlowe) o qualcosa di più salutista?
Assolutamente salutista. Mens sana in corpore sano. Per fare in modo, almeno a livello fisico, di diventare "freddo" il più tardi possibile ^__^ 

Occcheiii, niente whiskey delle Ebridi. UN bel thè caldo, che ci sta sempre bene, allora.
Dunque: sei blogger, critico letterario, giornalista... qual è l'attività che preferisci?
Nessuno di questi tre paroloni. Mi ritengo "lettore consapevole". L'amore e la passione per la lettura è stata la mia palestra formativa.

Come nasce Corpi freddi? E' blog interessantissimo e molto seguito, che si avvale dell'apporto di numerosi collaboratori. Avete delle linee guida o " suonate a orecchio"?
 Corpi freddi nasce da un gruppo di amici speciali che hanno deciso di condividere insieme questa grande passione verso la narrativa di genere. Siamo un team di lavoro molto legato e affiatato, questa unione e questo spirito d'intenti è la nostra forza. Crediamo in una critica disinteressata e appassionata, forse meno di forma ma senz'altro più di cuore. E credo sia questo il motivo della nostra progressiva affermazione.

Marco Piva lettore. Senza peli sulla lingua: il tuo giallista preferito? E quello che proprio..."nun te regge cchiù" ?
Il mio scrittore preferito, in assoluto, è Michael Connelly, (nella foto in basso) per la sua capacità di rendere profonde e credibili storie di fantasia. Tra gli scrittori italiani non posso dimenticare il napoletano Maurizio De Giovanni, una voce nuova e diversa nella narrativa poliziesca. Un talento straordinario. Scrittori che non mi piacciono? Tanti, putroppo escono tantissime cose mediocri. Una scrittrice che mi fa venire l'orticaria è P.D. James. Pur amando i mystery di stampo classico, trovo le sue storie noiose e fredde. Ricordo poi una sua intervista a Mantova nella quale criticava, in maniera feroce, Agatha Christie, scansando in maniera secca il giornalista che la paragonava a lei, a livello d'influenze. Non mi piace chi sputa nel piatto dove ha sempre mangiato.

Non si vive di solo giallo: quali sono i tuoi libri preferiti, al di là del noir? 
Adoro i romanzi storici e di avventura. Impossibile dimenticare la saga dell'antica Roma di Colleen McCullough. Porto nel cuore pure diversi romanzi in cui si parla del tragico tema dell'Olocausto: "Il bambino con il pigiama a righe" di John Boyne, "Se questo è un uomo" di P.Levi, ecc.

Il giallo per molto tempo è stato un genere guardato con sospetto da parte della critica letteraria "alta". Poi è arrivato Il silenzio degli innocenti e di colpo si è scoperto che il giallo vende e che può essere di grande qualità. "Che aria tira", dopo quasi vent'anni? Il noir ha una sua dignità in Italia?
Oggi chi considera il giallo come narrativa di serie B non capisce nulla. Ormai la critica ottusa in questo senso mi sa tanto di vecchio trombone che viaggia con il paraocchi. Personalmente ho molta fiducia nel futuro della narrativa di genere, grazie soprattutto al suo linguaggio di riuscire ad arrivare alle masse. Credo molto nella sua capacità di veicolare messaggi di denuncia sociale. Il noir italiano ha una sua dignità nel momento in cui documenta la sua realtà e non scimmiotta le proposte che tirano a livello commerciale. 

Parlaci della tua esperienza nell'ambito dei premi letterari. In molti li guardano con sospetto, se non addirittura con avversione ? Qual è il tuo parere?
Domanda molto pericolosa. Esperienze molto recenti vissute "sulla mia pelle", mi hanno fatto rimanere con l'amaro in bocca. Ma forse la colpa è mia che vivo queste cose in maniera molto ingenua e sognatrice. Per me la lettura rimane palpitazioni ed emozione diretta, non calcolo e giochetti "a freddo". Comunque non farei di tutta l'erba un fascio. Alla fine la qualità paga e il giudizio finale rimane quello del pubblico. Alla faccia dei critici e degli addetti ai lavori. Il voto genuino e sincero è SOLO quello del lettore. L'unico sovrano.

Domanda secca. Giallo svedese o britannico?
Risposta secca: britannico tutta la vita.
(parte un urlo di giubilo ed esultanza XD )
Domanda di rito: editoria italiana. Che ne pensi?
Se mi concedi un francesismo è un bel "puttanaio". In Italia escono troppe proposte. Le case editrici le lanciano in pasto alle masse senza un minimo di supporto commerciale, cercando il massimo guadagno con il minimo esborso finanziario. Alla fine il lettore si trova confuso e totalmente perso tra la mole di libri che periodicamente infestano gli scaffali. Con il rischio di fare passare nel massimo anonimato i romanzi davvero meritevoli e degni di attenzione. 

Con rammarico, è giunto il momento di salutarci.Grazie Marco per la tua gentilezza, la cortesia e per il tuo  sguardo così disincantato eppure ironico sul mondo del giallo e dell'editoria. E' stata davvero una bella esperienza parlare con te!
Grazie per questa bella opportunità, le tue domande sono state molto stimolanti. E' stato un piacere e un grande divertimento rispondere.
Grazie ancora e buona giornata.
Marco