domenica 30 gennaio 2011

Serial reader: Fanny Hill - memorie di una donna di piacere -

Eccoci qui! domenica mattina, per nulla rilassata, con 10000000000 cose da fare e pochissimo tempo... ma la lettura No! Non potete togliermela!
Così ho deciso di parlarvi dell'ultimo libro che ho letto, Fanny Hill. Si tratta di un minuscolo volume scritto da John Cleland nel XVIII secolo ed è - udite udite - un erotico!( dico così perché, in tempi non lontani, qualcuno mi accusava di essere una puritana... )

TramaPubblicato anonimo presso un editore inesistente, rifiutato dai librai rispettabili, febbrilmente cercato per essere letto di nascosto, più volte sequestrato dalle autorità, espurgato e denunciato pubblicamente dal suo stesso autore, "Fanny Hill. Memorie di una donna di piacere" è stato per lungo tempo un libro underground. Quando, nel 1789, John Cleland morì, gli estensori dei suoi necrologi ritennero offensiva anche la semplice citazione del titolo del suo libro più noto. Come il resto della narrativa erotica francese, essosi serve di un linguaggio esplicito per descrivere il corpo e gli atti sessuali, ed è assolutamente amorale nel suo entusiasmo per ogni forma di esperienza sessuale." 


Ok. La chiave è tutta lì, in quella dicitura "Donna di piacere". Fanny, giovane e sprovveduta contadina del nord dell'Inghilterra, arriva a Londra assieme a una cameriera del suo paese, che racconta mirabilie della grande città. Sopratutto, questa dice che alcune cameriere son riuscite a sposare i propri padroni, grazie al loro rigore morale e alla furbizia. E già questo passaggio fa comprendere come l'autore - un pubblicista finito in carcere per debiti, gaudente e smaliziato, notevole conoscitore dell'animo femminile - prenda di mira il buonismo di Pamela di Richardson, che era riuscita a farsi sposare dopo infiniti pianti, svenimenti e tira e molla sulla sua virtù.
Fanny non ha questa tempra, e nemmeno la rimpiange. Finisce quasi subito in una casa chiusa; ed essendo una ragazza sveglia e di sani appetiti - sopratutto sessuali - non tarda a capire cosa la padrona voglia da lei. La sua verginità è serbata per un ricco danaroso e nel frattempo, le ragazze della casa, tra cui Phoebe, le insegnano la teoria... e talvolta, anche la pratica. E' proprio Phoebe a iniziarla al sesso con rapporti lesbici, e a dimostrarle quanto il suo corpo sia... "adeguato" al mestiere. 
Ma... c'è un ma. Entra incampo l'amore. La ragazza, appena quindicenne, si invaghisce di un bel giovane che incontra nella casa e fugge con lui, accettando di divenirne la mantenuta, con buona pace della tenutaria che aveva pensato di vendere la sua verginità a un ricco nobile. E' al giovane Charles che Fanny cede il suo tesoro, senza tentazione e ripensamenti, ma con un solo desiderio. Godere. Godere e ricavare il massimo sia, in termini di denaro che in termini di piacere sessuale.
Fanny non si vergogna del suo corpo, non ha remore per il suo mestiere, non prova scrupoli morali ma solo una sana, felice, soddisfatta gioia della scoperta della propria sessualità.
Ai nostri occhi smaliziati, in cui nulla o quasi è più tabù, le avventure di Fanny possono sembrare ripetitive o prive di vera trasgressione; ma se pensiamo all'Inghilterra del 1700... o ancora, all'Italia degli anni Cinquanta, allora ci si rende conto della carica dirompente di questo libretto. Vada che oggi la cronaca ci ha abituato al di tutto e di più anche in sede "istituzionale", tuttavia, questo volumetto mi ha affascinato, mi ha fatto anche sorridere e appassionare per lo stile dell'autore. L'occhio di Fanny guarda l'esistenza che conduce con disincanto ma senza rimorso, senza compatimento: del resto, al termine del romanzo le ha diciannove anni e sebbene sia una prostituta navigata, che è passata dagli A level, fino al sesso di gruppo, fino al sadomaso e all'assistere a un rapporto omosessuale (tabù fortissimo, tanto che per anni, questa scena è stata espunta), nonostante tutto ciò, Fanny rimane una donna gicosa, vitale e allegra. Il sesso a pagamento non l'ha abbrutita: l'ha resa più guardinga, certo, ma non ha cancellato in lei la voglia di godere della vita e del piacere che prova nel dare il suo corpo a un uomo, senza remore e falsi pudori. Fanny fa la prostituta come Bocca di Rosa: lei lo fa per passione (ma se ci sono i soldi, è anche meglio).
Ma il grande, grande merito di John Cleland  - e l'immensa fortuna di questo classico dell'eros - è dato dallo stile con cui il volume è scritto: ricercato e insieme scorrevole, gioioso e mai banale, mai ripetitivo. E' difficile tenere alta la tensione narrativa in un erotico, stante la ripetitività del sesso ( i fondamentali non sono mai cambiati da 10.000 anni e passa, credo), eppure Cleland ci riesce, e bene. Usa sapientemente la metafora (specie di carattere marinaresco), adopera termini differenti per descrivere le parti sessuali e anatomiche senza scadere nel volgare o nel turpiloquio, evita iperboli che scadrebbero nel ridicolo e da la sua preferenza a termini non crudi, ma diretti, ben lontani da triti e ritriti Fulcri, spade, guaine, teneri boccioli e così via. Il sesso è sesso: l'orgasmo è una tempesta e l'eccitazione è una forza incontenibile. Anche nella descrizione dei personaggi non vi è piaggeria, o intenti didascalici: l'autore vuole eccitare il lettore, vuole divertirlo e farlo godere, e ci riesce benissimo. Non vi è iperrealismo, ma una descrizione veritiera e raffinata di una donna e della sua vita, e del suo modo giocoso, sensuale e disinibito di affrontare l'esistenza.
Il fatto che, nonostante siano passati più di duecento anni dalla sua pubblicazione, questo volume sia ancora letto, amato e  criticato - e aggiungo io, ammirato per il suo stile favoloso - è segno incontrovertibile del valore letterario, oltre che rappresentare un omaggio a una femminilità libera e gioiosa.

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